Nella società c’è tanta “varietà”: persone provenienti da diversi contesti culturali, etnici, religiosi e sociali, ciascuna con la propria personalità, caratteristiche ed esigenze. Questa diversità rappresenta una grande sfida e, al contempo, una ricchezza e un’opportunità per le organizzazioni e per il tessuto sociale nel suo complesso. Che impatto ha sul people management?
È una domanda che non invecchia mai perché la diversità aumenta, è dinamica, evolve. Così non è fuori luogo allenarsi continuamente a comprendere le sue implicazioni concrete per organizzazioni, manager e per chi si occupa di HR.
Innanzitutto proviamo a inquadrare le tre dimensioni che compongono l’acronimo DE & I (Diversity, Equity & Inclusion), sempre più utilizzato nel linguaggio organizzativo e manageriale.
Quando parliamo di diversità mettiamo al centro le caratteristiche della persona. Ciascuno di noi nasce e poi si sviluppa con tratti propri. Qual è il nostro atteggiamento verso questa irriducibile dimensione? Se guardiamo il mondo come luogo “naturalmente” pieno di “differenze” allora la diversità sarà ricchezza da valorizzare, se guardiamo invece queste differenze come scostamenti da una presunta “normalità” esse saranno sempre pietra d’inciampo sulla strada dell’organizzazione e del business.
Dietro il concetto di equità c’è invece la cultura delle «pratiche positive», quelle che vogliono togliere di mezzo le condizioni che ostacolano le pari opportunità. L’equità è un concetto molto frequentatonel mondo organizzativo e, in particolare, da chi si occupa di HR e people management. Sono almeno due i campi interessati: quello del compensation, nel quale l’equità viene intesa nella doppia accezione di equità interna ed esterna e quello dello sviluppo, nel quale occorre garantire a tutti la possibilità di “partire allo stesso modo” e avere uguali opportunità di crescita.
C’è infine, l’inclusione con il suo significato più largo che può essere espresso con l’“abbracciare e accogliere l’identità di ciascuno”. Questa definizione immagina che tutti dovrebbero sentirsi accolti, apprezzati e supportati all’interno dell’organizzazione. In psicologia, quando si parla di questa dimensione si utilizza il costrutto di identità personale, che ha a che fare con l’idea e la percezione del sentirsi al proprio posto. È un tema importante quello delle percezioni di inclusione, perché la ricerca mostra come queste condizionino altre dimensioni, come per esempio la performance, il clima organizzativo e la fiducia.
Tre leve fondamentali per le pratiche di DE&I
Ascolto: Non ci può essere approccio autentico alla diversità se non si è convinti della necessità di ascoltare in profondità i nostri collaboratori dipendenti e quelli esterni che formano l’«ecosistema della forza lavoro». Per questo le imprese migliori costruiscono «sistemi estesi di ascolto» che vanno dalla cura di «conversazioni» continuative con i collaboratori sul lavoro, sulla carriera, sulla performance a «survey» per monitorare clima, engagement e soddisfazione, fiducia.
Cultura e leadership inclusiva: la cultura organizzativa e i leader svolgono un ruolo fondamentale nel promuovere la cultura dell’inclusione. Per chi ricopre ruoli di leadership è fondamentale imparare a leggere e valorizzare l’unicità del contributo che ognuno può fornire ed essere di esempio, favorendo cioè lo sviluppo di condizioni che permettono alle persone di esprimersi al meglio ed eliminando i fattori che ostacolano la creazione di contesti di lavoro inclusivi. Per esempio lavorando per mettere in pratica l’idea che l’errore (cos’è l’errore?) generi sempre apprendimento personale e organizzativo.
Fiducia: La leva della fiducia è essenziale per implementare pratiche di DE&I all’interno dell’organizzazione e negli ecosistemi che attraversa, quindi sia tra persone/colleghi sia tra leader/manager e collaboratori, ma anche fuori dei confini dell’impresa stessa. Gli stakeholder esterni possono sviluppare una miglior percezione dell’azienda se capiscono che questa sta davvero mettendo in atto pratiche di costruzione di un ambiente di lavoro «sicuro» e inclusivo, all’interno del quale la fiducia può fiorire, a tutti i livelli.
Per declinare le dimensioni DE & I in pratiche effettive ed efficaci occorre sempre tenere a mente che la diversità è un costrutto dinamico, che si muove e che richiede di essere monitorato e valorizzato dal lavoro di manager e funzioni HR. La diversità, l’equità e l’inclusione infatti, camminano con la società e le sue trasformazioni. Il modo con cui le si affrontano dipende dai nostri occhi, dallo sguardo di chi gestisce le organizzazioni e da quello delle persone che ne fanno parte: se lasciamo cadere i tanti filtri a cui ricorriamo ci appariranno come una straordinaria e naturale ricchezza, anche per il business.