È tempo di «guardare dentro e non fuori», sollecita un recente articolo di McKinsey & Company. Segnala che sempre più aziende stanno costruendo talenti internamente piuttosto che individuarli esternamente. È questo il modo più efficace ed efficiente per dotare l’impresa delle skills necessarie e colmare i fabbisogni crescenti.
Un approccio condiviso. Qualche settimana fa scrivevamo che occorre cambiare passo e sguardo per non sprecare talenti ed evitare di cadere nella trappola manageriale del «compro fuori». Una miopia che ora, oltre il 50% degli executive, sembra voler correggere tracciando la via di un impegno verso l’interno, per concentrarsi sulla scoperta e cura di quello che l’impresa già ha e che non mette bene a fuoco.
C’è una domanda che va posta a questo punto. Gli executive che identificano in questo approccio la via da seguire riusciranno ad assumere anche la sua prospettiva temporale, incompatibile con la logca del «tutto e subito»? Si faranno carico di questa implicazione stringendo alleanze con le funzioni HR per facilitare percorsi di apprendimento sostenibili? O la tentazione di dare una spallata rimane dietro la porta?
Anche per manager e professionisti HR la partita non è facile né scontata. Non solo perché le pressioni sul delivery continueranno a esserci, ma anche perché dismettere lenti vecchie per indossarne di nuove non è operazione semplice. Occorre aprire la mente a nuove possibilità, allenarsi alla scoperta. Soprattutto c’è bisogno di rischiare ed osare, sapendo che la sponda dei risultati a cui appoggiarsi non apparirà all’orizzonte nel breve termine.
Ma la battaglia per rendere effettiva la priorità delle competenze e dei programmi di reskilling e dell’upskilling passa anche di qua, insieme alla motivazione e capacità dei capi di coltivare e sviluppare talenti all’interno.
L’infrastruttura su cui poggiare questo cambio di filosofia manageriale, convertendo l’impegno educativo e formativo in leva di successo dell’impresa, è tuttavia necessariamente valoriale. Poggia su una risorsa che si chiama fiducia nelle persone, nei collaboratori, nei colleghi. Veste anche i panni di un comportamento, quello dell’affidarsi agli altri, fondato sulla convinzione che da soli non possiamo fare nulla.
La traiettoria di questo impegno organizzativo e personale segnala una consapevolezza crescente: poter contare su un people management sostenibile, una strada da imboccare per valorizzare e non sprecare, per investire e non nascondere sotto terra rendendola indisponibile l’abbondanza dei talenti.