Il «paradigma della sostenibilità» sfida la visione e la gestione di imprese e organizzazioni. Gli imprenditori e i manager che hanno già deciso, o stanno decidendo di abbracciare questo paradigma, sono consapevoli che dovranno riuscire a incorporare i suoi principi nel modello di business facendoli diventare cultura e comportamenti coerenti a tutti i livelli.
La sostenibilità dunque avanza nel business, ne conquista giorno dopo giorno territori più estesi. D’altro canto sta diventando ormai criterio ineludibile – grazie agli ESG (Environmental, Social, Governance) – per orientare l’allocazione degli investimenti finanziari e sostenere lo sviluppo delle imprese. La vita nelle imprese tutti i giorni, scandita dal ritmo dei suoi flussi operativi, deve sempre più spesso confrontarsi con queste metriche. Nessuna funzione e business unit può sottrarsi alla misura di indicatori che dichiarano cosa e quanto si stia facendo per la sostenibilità.
Qual è la vera svolta? Semplificando molto sta nell’idea che le imprese sostenibili non possono generare «esternalità negative» e scaricarle sulla società, soprattutto sulle prossime generazioni. La sostenibilità è davvero una rivoluzione da questa prospettiva, richiede un nuovo sguardo sul mondo e sull’economia; soprattutto uno sguardo nuovo rispetto al “posto” che l’impresa ha nella società.
Il tradizionale impianto strategico ed operativo dell’organizzazione va così ripensato e rigenerato. Per farlo serve una mentalità nuova. Occorre un nuovo mindset per attivare, guidare, implementare la trasformazione radicale richiesta e accompagnare la transizione.
E il lavoro? L’obiettivo è creare «valore condiviso» con il suo ecosistema che diventa più esteso – andando ora ben al di là del perimetro ristretto dei lavoratori dipendenti – e con gli altri stakeholder per generare un positivo impatto economico, ambientale e sociale.
Il cambiamento delineato dalla «transizione sostenibile», infatti, riguarda in modo particolare le persone e il capitale relazionale che esse generano. Riguarda appieno allora la progettazione e la cura dei sistemi organizzativi, del lavoro, delle forme di cooperazione.
C’è un modello di riferimento al quale i manager, principali attori organizzativi, possono guardare per gestire in modo sostenibile collaboratori e stakeholder?
A quali principi il management può ispirarsi per costruire strategie, politiche, pratiche organizzative sostenibili?
Su quali fondamenta possiamo ancorare pratiche sostenibili di people management?
In questa transizione vedo un rischio: che la sostenibilità «sociale» degli ESG rimanga indietro perché le imprese guardano con maggiore attenzione «ambiente» e «governance». Se fosse vero la sostenibilità risulterebbe zoppicante perché trascurerebbe il suo cuore pulsante, ossia il lavoro, la sua organizzazione, la gestione e cura delle persone. Sarebbe un errore imperdonabile.
Occorrono idee, progetti e laboratori per mettere al centro del percorso delle imprese verso la sostenibilità l’organizzazione del lavoro e la gestione di collaboratori, collaboratrici, team.
Per cogliere appieno questa dimensione il management deve dotarsi di un «mindset» e di «pratiche» sostenibili. Per implementare nella vita organizzativa e nella gestione il nuovo paradigma occorre un rinnovamento autentico nel modo di considerare e organizzare il lavoro e i suoi protagonisti. Per essere sostenibili non basta realizzare qualche iniziativa di inclusione o supportare qualche progetto esterno con impatto sociale, occorre ridisegnare l’organizzazione e riscrivere i programmi di gestione delle risorse umane, rileggere la sua filosofia e gli strumenti disponibili con le lenti della sostenibilità per identificare nuovi approcci e pratiche per creare benessere personale, organizzativo, sociale.
Si apre una stagione straordinaria di lavoro comune tra team HR e manager per generare una rinnovata consapevolezza sulla centralità che ha il prendersi a cuore l’organizzazione del lavoro, la costruzione di ambienti generativi di benessere, la cura delle relazioni capo-collaboratore-team.
Fenomeni come la Great Resignation e il Quiet Quitting sono le nuove emergenze organizzative che chiedono di ripensare con apertura e in profondità anche il people management.
Abbracciare la sostenibilità in poche parole significa ridisegnare il lavoro e le sue premesse, lasciandosi ispirare da principi che sono stati annacquati o peggio travolti da concezioni dell’economia e dell’impresa che non stanno più reggendo l’urto delle diseguaglianze crescenti e della crisi ecologica e umana. È ora di dire chiaramente che le barriere che ostacolano il benessere delle persone, frenano l’engagement, incentivano il disimpegno organizzativo sono prima di tutto culturali ed etiche.
Bisogna ricominciare da qui e rimettere in ordine i valori-guida di un’organizzazione che vuole essere sostenibile in modo integrale.